L'attore di The Mask cambia pelle, toglie la maschera e si racconta a cuore aperto. Ecco Jim Carrey come non l'abbiamo mai visto

La pioggia è passeggera: può bagnarmi ma non abbastanza da farmi affogare, come in passato (Jim Carrey)

In un giardino nel cuore della Laguna, Jim Carrey si guarda intorno come se fosse per la prima volta ad un festival di cinema, circondato da fotografi, addetti di ogni genere, assistenti vari e giornalisti. Alla Mostra del Cinema di Venezia, il pomeriggio che l’ho incontrato, sembrava un altro. Al posto del sorriso canzonatorio dei suoi personaggi più riusciti ha tirato fuori il vero sé, con un’aria malinconica mai vista prima.

Giù la maschera, insomma: ecco l’uomo che per anni è stato messo in un angolo per lasciare sempre sul palco il personaggio istrionico, irriverente e imprevedibile che abbiamo imparato ad amare in The Mask o in Scemo più scemo. Stavolta lascia che il dolore del passato lo guidi verso uno stupore nuovo. Basti pensare che sono uscita da quest’incontro con gli occhi lucidi, come non capitava da anni. Pensi di passare un’ora con lui e di uscirne con le lacrime agli occhi per le risate, invece ti ritrovi a parlare di figure paterne ingombranti, di senso di perdita e depressione, un male con cui continua a combattere e di cui non fa mistero. L’occasione è offerta dal documentario, attualmente su Netflix, Jim & Andy: The Great Beyond – The Story of Jim Carrey & Andy Kaufman Featuring a Very Special, Contractually Obligated Mention of Tony Clifton. Da non perdere!

Che cosa le dà gioia?

Prima la cercavo nella conferma esterna del mio valore, ma non mi accontentavo, volevo di più e niente era mai abbastanza. Poi, dopo varie illuminazioni, ho cambiato prospettiva. A un funerale ci ripetiamo: “Che brava persona” o “Adesso si trova in un posto migliore”. Lo diciamo perché siamo tutti uguali, parti di un unicum. E infatti quando ho deciso di diventare Andy nel film ho assistito a una sorta di “effetto Lazzaro”.

Ha esagerato?

Mai: tutte le mie scelte artistiche, quando recito, dipingo o scolpisco una statua, si basano sul rischio di distruggere quello che creo per raggiungere risultati sublimi. […]

Com’è arrivata la saggezza?

Ho attraversato “il fiume di lacrime”, tutto ciò che ci terrorizza e che esorcizziamo con alcol, droghe, cibo e sesso con gente di cui non c’importa niente. Quando sfidi la corrente capisci cosa sia l’inferno, l’assordante rumore delle preoccupazioni nella tua testa, mentre se ti sintonizzi sulla frequenza degli altri raggiungi il silenzio, il paradiso.

L’intervista integrale è stata pubblicata sul settimanale femminile “Vanity Fair”, numero 46 del 2017, disponibile anche nella versione online qui.