Lindsay Beamish in una scena del corto How does it start

La mente e il cuore di un pre-adolescente possono diventare labirinti intricati da esplorare, soprattutto se i genitori sono emotivamente poco disponibili a causa di un recente divorzio. È la premessa del cortometraggio How does it start, presentato in anteprima mondiale allo scorso Sundance Film Festival, l’evento del cinema indipendente per eccellenza fondato da Robert Redford.

Ha una sensibilità tutta al femminile: scritto e diretto da Suzanne Andrews Correa, racconta di una dodicenne, Rain, alle prese con le prime volte. Sono tutte teoriche, diligentemente annotate in un diario segreto: fantasie, desideri, paure e incertezze. In un mondo che corre velocissimo, questo lavoro sembra un inno alla lentezza, alla necessità di riappropriarsi dei propri tempi e dei propri spazi. La più grande saggezza arriva dai piccoli mentre gli adulti stanno a guardare.

Con rara poesia e delicatezza, questo struggente affresco di una giovane vita di periferia è come un tuffo nel passato un po’ per tutti. Quello che Rain pensa ma non riesce a dire racchiude parte dei dubbi dell’adolescenza. Come si bacia un ragazzo? Cosa vuol dire essere amata? Da chi troverò rifugio?

La vita interiore della protagonista è proiettata costantemente all’esterno, in un bisogno a volte quasi disperato di amore e attenzioni. Solo le pagine scritte di nascosto le fanno compagnia, mentre sfoglia manuali al tempo stesso un po’ troppo vaghi e un po’ troppo specifici, e vorrebbe solo poter trovare le parole per aprirsi a quelle prime, imbarazzanti ma magiche, esperienze.

Nel ruolo della madre Estelle torna in scena Lindsay Beamish, in un’interpretazione strappa-cuore: l’attrice, nota per Shortbus, The greatest and Forgetting the girl, attualmente è docente di recitazione all’Emerson College di Boston.

In un’epoca in cui la sorellanza ha un peso specifico sempre maggiore, questo ritratto generazionale al femminile racconta in un quarto d’ora un’umanità a volte spezzata, confusa e incerta, ma lascia anche tanta speranza, pur senza edulcorare la pillola in modo retorico.

Perfetto per un cineforum a scuola, potrebbe benissimo segnare il passaggio dall’indie al mainstream raggiungendo un ampio pubblico attraverso la rivoluzione delle piattaforme digitali.

Una storia necessaria, quindi, che abbraccia diverse generazioni sempre squisitamente in bilico tra forza e vulnerabilità.