La giornalista Paola Casella apre Venice People, la sezione del sito dedicata all'edizione 2019 del Festival di Venezia raccontata dai suoi protagonisti dietro le quinte.

C’è gente che va in giro con il curriculum stampato in fronte. In genere perché molto breve o poco guadagnato. E ci sono invece i professionisti seri che non hanno bisogno di sciorinare titoli per dimostrare competenze e capacità, come la giornalista Paola Casella, da 25 anni nel settore degli spettacoli e da oltre due decenni alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Non affannatevi a cercarla in gran spolvero nelle occasioni di gala né in prima fila a braccetto con qualche vip a favore delle telecamere, neppure quando il suo posto o il suo ruolo la vorrebbero lì. È la sua penna a raccontarne i pensieri, ma senza lodi sperticate che rasentano la ruffianeria o stroncature gratuite. Considera il mestiere uno strumento al servizio dell’arte audiovisiva e non un mezzo di autoaffermazione personale o un esercizio di potere. Esiste una responsabilità nelle conseguenze delle parole e lei la maneggia con cura.

Da quest’edizione, la numero 34, e per tre anni fa parte della Commissione di selezione della Settimana Internazionale della Critica (SIC), sezione parallela della Biennale “che si occupa – come spiega lei stessa – di scoprire nuovi talenti e individuare le tendenze emergenti nel panorama del cinema internazionale”. Con il Delegato Generale Giona Nazzaro e i critici Beatrice Fiorentino, Simone Emiliani e Roberto Manassero, ha selezionato sette opere prime in concorso più una di apertura e una di chiusura, e altrettanti primi cortometraggi per la sezione Sic@Sic. “Non starebbe a me dirlo – aggiunge –  ma è davvero una buona annata per gli esordienti di tutto il mondo, fra cui molte registe – finalmente”.

Con Bruno Bozzetto

Fa parte del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) dall’inizio della sua carriera ed è stata membro del Comitato direttivo Lazio. Per darci un’idea del suo lavoro, più o meno quanti film vede in un anno per lavoro?

Durante l’anno come critico vedo in media dai 5 ai 10 film alla settimana in anteprima, ma durante i festival arrivo anche a 6 al giorno. Da quando sono membro della Sic quel numero è aumentato esponenzialmente: basti pensare che i soli lungometraggi iscritti quest’anno erano oltre 400. Se poi parliamo dei film che ho visto nel corso della mia carriera, siamo nelle decine di migliaia, senza esagerazione.

Perché la SIC nella Mostra è a suo avviso rilevante e cruciale?

Occupandosi esclusivamente di opere prime, la Sic è una finestra su quanto succede nel cinema internazionale: i nuovi trend, l’evoluzione del linguaggio e dello stile, gli argomenti che stanno a cuore ai cineasti del futuro. Quest’anno sono in concorso film italiani, cileni, libanesi, lituani, messicani. In particolare le registe in gara vengono da Gran Bretagna, Danimarca e Emirati Arabi – Shahad Ameen, l’autrice saudita del sorprendente Scales – fortemente coinvolto nella tematica dell’emancipazione femminile – ha solo 29 anni.

Come membro della Federazione della critica cinematografica internazionale, è stata membro di dieci giurie Fipresci, fra cui (più volte) quelle di Cannes e Venezia. Cosa le piace in particolare di quelle esperienze?

È una bellissima occasione di confrontarsi con i critici stranieri e chiedere loro cosa pensano del nostro cinema.

Ha anche fatto parte della giuria del Festival della commedia italiana di Sabaudia e ed è membro del Direttivo della Rete degli spettatori, che si occupa di diffondere la cultura cinematografica nelle scuole. Con quali ruoli è stata inviata alla Mostra di Venezia finora?

Come giornalista di Rai Sat Cinema, media partner e canale ufficiale della Mostra, ho effettuato le dirette dal Lido e le interviste a tutti i registi e gli attori partecipanti dal 2001 al 2009.

Con Francesco Crispino

Il primo anno alla Mostra?

Era il lontano 1996, avevo un accredito periodici elargito grazie a una collega di buon cuore. Ricordo l’emozione di vedere Fratelli di Abel Ferrara in una saletta interna all’Hotel Excelsior al Lido. Mi sembrava di essere entrata in una favola: io ero la ragazzina che alle medie leggeva le recensioni di Giovanni Grazzini con la stessa voracità dei fumetti di Valentina Mela Verde.

L’incontro più prezioso?

La lista è lunga. Si parte dall’emozione di chiacchierare di cinema al Lido con il mio mentore, Paolo Mereghetti per arrivare alla lunga intervista a Stanley Donen. Si è conclusa con questo scambio:

“Che cosa intende fare del suo futuro?”

“Continuare a muovermi a passo di danza, mia cara!”.

Veder arrivare Peter Mullan sulla terrazza dell’Hotel Excelsior abbigliato con il kilt tradizionale, alle 9 del mattino e nonostante i 30 gradi, perché aveva appena scoperto di aver vinto il Leone d’oro.

Meryl Streep che, durante l’intervista, ripete il mio nome – due volte!

La strizzatina d’occhio di Russell Crowe che, dopo aver acconsentito controvoglia a farsi intervistare, mi dice: “Gran belle domande, signorina”.

La salita in ascensore con David Byrne, io che ho a casa tutti i vinili dei Talking Heads… e la carezza di George Clooney, ma non vi dico perché.

Com’è cambiato il panorama della critica dalla sua prima edizione del festival ad oggi?

Oggi moltissimi blogger e giovani critici scrivono per il web. E si dividono in due macrocategorie. Ci sono quelli in cerca di selfie, che lavorano gratis e si accontentano di un accredito alle proiezioni, più preoccupati di apparire e di postare le proprie foto sui social che di occuparsi davvero di cinema, o anche solo di studiare la storia del cinema e della critica per svolgere un lavoro dignitoso. E poi ci sono quelli seri, in gamba, curiosi, attenti, preparati, che combattono per ottenere il giusto compenso (e spesso devono accontentarsi di pochi euro) e stanno svegli fino all’alba per scrivere la recensione di quel film che hanno adorato (e quando stroncano lo fanno a ragion veduta, argomentando punto per punto). Inutile specificare a chi vada la mia stima e simpatia. Ah, c’è anche una terza categoria: gli spocchiosi incomprensibili convinti di aver inventato la critica. Ma questi non sono solo sul web, purtroppo.

Insieme al ruolo per la SIC quali momenti della carriera la rendono particolarmente orgogliosa?

Sono fiera del premio Meccoli 2010 al mio saggio Cinema: femminile, plurale, e del mio impegno perché le immagini e le voci femminili siano sempre più numerose e più rappresentative della realtà. Sono fiera del mio lavoro di critica per MYmovies, un sito che si ricorda di essere accessibile oltre che competente, e di quello di giornalista di spettacolo per Io Donna. Sono orgogliosa di aver fatto da direttore esecutivo (i direttori, formalmente, erano uomini) di due testate web, Caffè Europa e Donneuropa, e di essere stata il critico cinematografico del quotidiano Europa per 9 anni, fino alla sua chiusura (evidentemente la parola Europa era nel mio karma!). Soprattutto sono contenta di non aver mai scritto cose che non penso, elogiato film che non lo meritavano o ceduto alle lusinghe dei vari “meetooer”.

Quale spazio, appuntamento o evento vorrebbe alla Mostra?

Vorrei innanzitutto più spazi fisici: per mangiare cose decenti ad un prezzo giusto, per ritrovarsi a parlare di cinema senza essere cacciati dai locali, per avere più opportunità di recuperare quel film che abbiamo perso. Poi più attenzione agli esordienti e alle autrici: speriamo che quelli che individuiamo con la SIC nel futuro entrino in Concorso.

Una personalità che non ha ancora incontrato e che vorrebbe assolutamente intervistare?

Clint! Devo davvero spiegare perché?