La sua penna rappresenta uno dei punti di riferimenti nella critica cinematografica mondiale. Nick Vivarelli, corrispondente di Variety da Italia e Medio Oriente, alla Mostra del Cinema di Venezia ha alzato l’asticella e si è cimentato anche dietro la macchina da presa. Il progetto è il documentario Life as a B-movie: Piero Vivarelli, co-diretto e scritto con Fabrizio Laurenti e dedicato all’artista (e fratello del padre). Prossimamente in onda su Sky Arte, attualmente sta girando festival e rassegne nazionali ed estere riscuotendo interesse e consensi.

Difficile contenere l’eclettico talento artistico di Piero Vivarelli, paroliere dalla creatività infaticabile (è suo il testo di 24.000 baci di Adriano Celentano), oltre che sceneggiatore del celebre spaghetti western Django. Per ripercorrerne estro e talento, questo racconto ne ripercorre le tappe della carriera attraverso materiali inediti e interviste a personalità di spicco nel mondo dell’audiovisivo.

Dissacrante, audace e assolutamente irresistibile.  E per la rubrica Venice People il giornalista ripercorre il percorso artistico ma anche privato attraverso ricordi tutti da scoprire.

Adriano Celentano

Può raccontarci come mai ha deciso di aprire questa finestra anche privata su suo zio per rendere omaggio anche al suo lavoro?

Ho sempre saputo di avere uno zio molto cool. Ma devo ammettere che è solo grazie a Quentin Tarantino e alla retrospettiva di Venezia del 2004 da lui patrocinata sui Kings of the Italian B’s, dove venne omaggiato Piero con il suo film Il Dio Serpente, che mi sono cominciato a rendere conto della portata del personaggio. Poi l’entusiasmo e la sensibilità di Fabrizio Laurenti, che viene dal mondo dei B-movies, sono stati fondamentali.

Ha mai pensato di dedicargli altro in passato, come una mostra o un cortometraggio?   

L’idea di omaggiare Piero ci è venuta solo dopo la sua morte. E non ho mai pensato ad altri modi per farlo. Piero era un narciso. Penso che dall’alto ci abbia in qualche modo guidato, e spero che dall’alto sia contento del risultato. Ma conoscendo la sua verve polemica sono certo che avrà anche qualcosa da ridire.

Django

Può condividere uno dei primi ricordi dell’infanzia in cui ha capito che lavoro facesse suo zio?

Non ho visto molto spesso Piero da bambino. Ma quando ero alle elementari a Firenze il padre di un mio compagno di classe era il sottosegretario democristiano ai Beni Culturali che firmò una mozione parlamentare per censurare il suo film il Decamerone Nero tentando di non farlo uscire in sala. Piero, scherzando, mi disse di menarlo.

Ricorda a casa sua o sul set qualcuno degli incontri con i personaggi che fanno poi parte del documentario?

Ho frequentato mio zio solo quando non era più sulla cresta dell’onda. Ma ricordo che da bambino mi capitò di fare un volo dagli States seduto accanto a Enrico Vanzina (che ho poi intervistato per il doc). Ci facemmo una chiacchiera, gli dissi che avevo uno zio di nome Piero Vivarelli che faceva il regista e lui mi disse che avevo uno zio molto simpatico.

Pensa che l’industria culturale italiana e mondiale abbia dato a Piero Vivarelli il giusto riconoscimento?

Ci sono molti artisti significativi che sono rimasti nell’ombra e Piero e sicuramente tra questi. Ma non si tratta di rendere giustizia a una persona. La figura di Piero è importante perché incarna l’energia vitale irripetibile del dopoguerra. L’ondata esplosiva di cultura pop di quel periodo che lui ha saputo cogliere e cavalcare, spaziando dalla musica al cinema alla politica, spesso anticipando i tempi. E divertendosi un sacco.

Cosa spera che venga alla luce sulla figura di Piero Vivarelli da questo lavoro?

Un mondo in cui si poteva fare musica, cinema, politica, e anche sesso, con più passione.

Quale pensa sia il suo più grande merito e la più grande eredità?

Il fatto di fottersene altamente di quello che pensano i mediocri.

Piero Vivarelli

Le piacerebbe che tutte le sue opere o lavori venissero racchiuse in un museo, una mostra itinerante o in u una fondazione che ne mantenga viva la memoria?

Mi piacerebbe che venissero restaurati tutti i suoi film. La Cineteca di Bologna ha cominciato l’opera con il restauro di Il Dio Serpente.

Questa è la sua prima regia, le piacerebbe continuare una carriera dietro la macchina da presa?  

Ho imparato molto. E ho ancora molto da imparare. Vedremo.