Omari Hardwick, protagonista della serie Power, gioca a fare il duro. Ma solo sul set: dal vivo è tutta un'altra storia...


Molti ragazzi di colore sono cresciuti in America con solo due opzioni: il baseball e il rap. Fortunatamente ora non è più così ed esistono maggiori opportunità (Omari Hardwick)

Omari Hardwick indossa il completo come fosse un armatura. Non gesticola né si agita o tanto meno sorride. Ha quella ieraticità pericolosa che fa venire i brividi lungo la schiena. Quando il registratore però smette di registrare, il viso si allarga in un sorriso rilassato, racconta della famiglia, delle vacanze in Italia e stringe la mano in maniera affabile. Non come il suo Ghost, che in Power trasforma ogni interazione in una tacita minaccia…

Il fascino del Male ha un volto, anche se in tv si presenta con un nome piuttosto enigmatico, Ghost. E proprio come un fantasma colui che lo porta tende a scomparire e a sfuggire alle maglie della giustizia. Di giorno è noto come James St. Patrick, il proprietario di un club di New York alla moda, mentre di notte tiene sotto scasso la metropoli con la droga. Da queste premesse parte Power (su Sky Atlantic HD ), un intrigante crime prodotto dal rapper 50 Cent e creato da Courtney Kemp Agboh, acclamata sceneggiatrice di The Good Wife. L’attore Omari Hardwick presta il volto al protagonista in tutte le enigmatiche sfumature del “criminale luciferino”, ma arricchendolo di un lato umano tormentato, diviso tra la famiglia e l’amante, l’assistente procuratore Angela Valdez (Lela Loren). Sempre all’erta nella sua personale zona grigia, fa i conti con l’ex mentore Kanan (50 Cent) mentre il miglior amico Tommy (Joseph Sikora) lo spinge costantemente verso il lato oscuro. Al Festival della TV di Monte Carlo svela il segreto del successo di una storia che mescola violenza, sesso e soprattutto il “potere” che dà il titolo alla serie.

Come può una donna raccontare il dark side del crimine in tutta la sua crudezza?

Io e Curtis (50 Cent, ndr.) siamo fan delle donne, al contrario di tanti uomini che invece si sentono quasi minacciati. La società usa l’aggressività per raccontare il mondo maschile anche se è insensato, sottostima il potenziale del genere femminile nonostante sia quello che partorisce i figli e li mette al mondo. Courtney Kemp Agboh fa parte di una doppia minoranza in quanto donna di colore, eppure ha dimostrato di essere in grado di raccontare un mondo duro e criminale senza fare sconti, aggiungendo un sex appeal quasi poetico. Grazie ad un approccio onesto e ad uno stile shakespeariano, non ne fa una questione di maschi e femmine. Parla di persone, si spinge oltre i confini tradizionali e mette in scena l’umanità con tutte le sue imperfezioni.

Da dove altro nasce il realismo di Power?

Curtis è cresciuto in un contesto urbano duro dove violenza e criminalità erano all’ordine del giorno. E questo ci ha reso la seconda serie più vista del canale via cavo, Starz, su cui va in onda negli Stati Uniti.

In Power il crimine ha un codice ben preciso, che riserva all’amicizia un posto sacro e inviolabile. Perché?

Basta chiedersi quale sia l’ingrediente alla base di ogni buona relazione e cosa si è disposti a fare per l’altro. Quando s’inizia a pensare “Basta, questo amico porta con sé troppi drammi” allora c’è qualcosa che non va. Con Power si va oltre gli stereotipi, anche razziali. James e Tommy ricordano Eminem e 50 Cent, comunque propongono un accostamento inconsueto, che forse non si vedeva dai tempi di Arma letale.

Come s’intreccia il senso di fratellanza con il crimine?
Questi due si vogliono un gran bene ma poi si mettono nei guai e il dramma ha la meglio. Anche questo è profondamente realista: come si fanno i soldi facili senza sporcarsi le mani?

Ghost è ricco e potente, eppure non sembra felice. Il crimine gli sporca la coscienza?

In effetti è come se vivesse nella sua prigione personale, anche se è a piede libero si sente in manette. Anche in questo la rappresentazione del crimine è tutt’altro che favolistica o idealizzata.

Merito del successo dei racconti rap tanto di moda di questi tempi?

Questo genere di storie attrae un pubblico sempre maggiore, soprattutto quello che non proviene da questo genere di background e non ha così tanta familiarità con traumi e dolore. Molti ragazzi di colore sono cresciuti in America con solo due opzioni: il baseball e il rap. Fortunatamente ora non è più così ed esistono maggiori opportunità. Ecco, non succede invece che si applichi questo paradigma estremo ad un adolescente bianco: se hai davanti Ghost e Tommy pensi subito che il cattivo sia il primo, mentre le apparenze possono ingannare. Dal mio punto di vista Ghost è un pro-antagonista anziché un vero antieroe. Decisamente una bella sfida…

Intervista pubblicata sul mensile “Crime Magazine”, numero 2, novembre 2017