Il direttore Claudio Gubitosi è il pioniere visionario del Giffoni FIlm Festival, il presidente Piero Rinaldi ha invece la responsabilità di trasformare i sogni in progetti concreti. E non accetta mai un no come risposta.
Con il presidente di Confindustria Vincenzo Borgia

Dieci minuti d’intervista con Piero Rinaldi diventa un viaggio di un’ora e mezza, un’esperienza, una finestra su un futuro che il presidente già vede per il Giffoni Film Festival. “Discepolo prediletto” del direttore Claudio Gubitosi, ha dato forma e concretezza ai sogni rendendoli – da bravo imprenditore – progetti concreti. Prima di accendere il registratore ci accompagna per i corridoi della nuova ala della Multimedia Valley, il nuovo progetto di cui conosce ogni filo d’erba e ogni mattone. Non gli sfugge nulla e non torna a casa se non dopo aver sistemato ogni dettaglio, con precisione matematica e spiazzante perspicacia. Ricorda tutto e sogna in grande. A pochi passi dal suo studio mostra con orgoglio il plastico delle nuove creazioni in arrivo, il museo e l’arena del festival. E nel frattempo già programma le mosse successive come un navigato giocatori di scacchi.

Con il direttore Claudio Gubitosi e Tom Felton

La predisposizione per i numeri però non è compensata da una carenza di skill sociali, anzi il contrario. Ha sempre aperto la sua casa a giurati in arrivo da tutto il mondo, insegnando ai figli Giuseppe ed Elisabetta il valore dell’accoglienza, la gratificazione nella gavetta e la gioia della condivisione.

Ecco allora la nuova puntata di Giffoni Insider a lui dedicata, dopo le interviste a Claudio Gubitosi, Antonia Grimaldi, Tony Guarino, Jacopo Gubitosi, Natascia De Rosa, Gianvincenzo Nastasi, Giovanni Brancaccio, Manlio Castagna e Maria Pia Montuori.

Che cosa vuol dire per lei Giffoni?
Il brand di Giffoni significa famiglia e io mi occupo del lato amministrativo dell’ente e, come tanti nello staff, ho iniziato come giurato a dieci anni e ora sono l’unico presidente del Festival ad aver iniziato il rapporto nella manifestazione da piccolo, in giuria.

E poi?
Ho fatto per molti anni il volontariato e, da figlio d’imprenditore abituato a ragionare con i numeri, ho poi abbracciato il lato amministrativo con vari titoli, ora sono al mio terzo mandato. E ho una doppia carica, anche per Giffoni Media Service, la società che ha la proprietà di Giffoni Experience.

Che rapporto ha con il direttore Claudio Gubitosi?
Sono cresciuto con lui e lo considero il mio grande maestro di vita, come tutti i giffoners, una guida costante con cui condivido un legame di profonda fiducia e la stessa visione per il futuro del festival.

Come ha influito il festival sul territorio?
Pensi che 30 anni fa il paese di Giffoni Film Festival non era neppure indicato sulle cartine geografiche e ora la popolazione è quasi raddoppiata, anche grazie agli investimenti europei, circa 150 milioni in 20 anni, permettendo al festival un ruolo da capofila dei progetti sul territorio.

Il suo primo ricordo?
A 14 anni ho compilato come giurato una scheda come i dati e sotto la voce “aspirazioni” ho scritto “amministratore delegato del festival”. Ho “trafugato” il foglio dagli archivi e l’ho incorniciato nel mio ufficio.

La scheda compilata per il festival a 14 anni

Come concilia il suo lavoro da imprenditore e quello da presidente del festival?
Dalle 8 alle 17 sono in azienda e poi fino alle 21 al festival. I giornali mi chiamano “presidente operaio” perché sono partito dalla gavetta, nell’impresa di papà. A 14 anni trascorrevo l’estate a caricare i materassi della fabbrica mentre i miei coetanei andavano al mare. E ora due delle mie settimane di ferie le prendo per dedicarmi al festival, come ho fatto anche all’epoca in cui ero uno studente lavoratore che ha imparato a fare di tutto, dal meccanico all’elettricista.

Quanto le è stato utile?

Ora conosco tutti gli impianti e il loro funzionamento sia della mia azienda che del festival e non accetto mai un “non si può fare” come risposta. E tuttora prima di andare in azienda controllo i cantieri del festiva e ieri ho costretto il sindaco a fare un giro per il territorio per controllare che tutto sia pulito e in ordine per accogliere gli ospiti e i giurati. E la nuova edizione si apre con l’inaugurazione di Piazza Giffoni Experience con alberi d’ulivo e un gigante origami a forma di cigno, immerso in un manto di pietre bianche.

Cosa sogna per Giffoni?
Vogliamo farla diventare la “Silicon Valley del Sud” e stiamo già predisponendo il lancio di 30 nuove start up per formare giovani da tutto il mondo per creare innovazione e valorizzare i monumenti della zona, ad esempio con una serie di cartoni animati che raccontano la storia della regione Campania, come la strega di Benevento.

Il messaggio di un giurato che l’ha commosso?
Ce l’ha scritto Yari, un ragazzo slavo che ha partecipato al festival durante l’ultimo conflitto nella sua terra, raccontandoci che Giffoni gli ha ridato “tutto quello che l’orrore della guerra temevo mi avesse sottratto per sempre. Questa sarà per sempre la mia casa”. Non lo ha detto in senso figurato ma anche fisico perché l’ha ospitato un ragazzo della zona.

Con Julianne Moore

Succede ancora?
Certo, su 6200 giurati di quest’edizione, oltre 3000 sono ospitati da famiglie del territorio. Molti poi invitano i “genitori adottivi” di Giffoni a casa loro e si crea condivisione, insomma uno stile dell’accoglienza che stanno adattando anche i paesi esteri dove abbiamo esportato il modello di Giffoni. Il prossimo sarà il Festival di Tokyo che a novembre amplia il proprio brand con il modello giffonese.  

Un ospite che l’ha colpito?
Il Presidente di Confindustria Vincenzo Borgia nel 2018 ha tenuto una masterclass durante la quale ha spronato i ragazzi a “riconoscere il valore delle sconfitte” che sono “un piccolo passo verso la rivoluzione”. E poi Alan Rickman, in una delle ultime lezioni prima della scomparsa, che li ha invitati ad aprire gli orizzonti. Bryan Cranston ha sottolineato il concetto, spingendoli a prendere i propri rischi per “sentire quello che trasmetti”.

Con Bryan Cranston

Giffoni è per lei un affare di famiglia, sia perché i giurati li considera un po’ come figli suoi e negli anni ne ha ospitati moltissimi, da tutte le parti del mondo, incluso il Qatar, ma perché ha anche coinvolto i suoi familiari biologici nella missione di portare cinema e arte alle nuove generazioni. Come sono coinvolti nel festival i suoi figli?
Giuseppe, di 14 anni, ha iniziato a fare il giurato da quando ne aveva sei ed è innamorato del festival. Sta studiando al liceo scientifico e, come me, passa le estati con me in azienda perché anche lui ha una mente matematica e sogna di andare all’estero. Elisabetta, 19 anni, studia all’Università Bocconi: per la prima volta quest’anno, dopo aver partecipato a tutte le giurie, ha chiesto di stare al mio fianco lavorando al festival per imparare da vicino. Ha già iniziato a fare stage in varie case di moda e vorrebbe pensare ad una start up legata a questo settore per contribuire alla Giffoni Experience.

Quale eredità vorrebbe lasciare ai suoi figli?

Il mio intento è trasmettere loro un’etica professionale, un gioco di squadra e l’importanza di un servizio reso per il futuro della comunità.

con il figlio Giuseppe