L'ho aspettato come Gollum anela al suo "tesssoro" nella saga de Il Signore degli Anelli e finalmente è mio, il green pass, ottenuto dopo la seconda dose di vaccino Astrazeneca. Che sollievo!

“Mi sento come Gollum con il suo tesssssoro”: è questo che ho detto all’accettazione dell’HUB vaccinale di Roma Termini e l’ho ripetuto, come una filastrocca, anche al medico che mi ha inoculato la seconda dose Astrazeneca. Mi sono sentita al tempo stesso imbambolata e leggera.

Già mi capita di parlare troppo per natura, figurarsi in quella specie di euforia liberatoria (complice Like a prayer di Madonna in sottofondo). Ho chiesto anche questa volta di poter fare la foto, ma non ho dato proprio una motivazione da contessa e non ne vado fiera: “Non pensavo di conoscere tanti co***oni contrari al vaccino”, ho detto d’istinto, senza pensarci. Moltissimi li ho oscurati, come ha fatto Jennifer Aniston, alcuni ho cercato di farli ragionare (senza successo) e quelli più stretti li ho in qualche modo perdonati per quella mancanza di giudizio che pure considero gravissima.

Quando ho pubblicato la foto mi è arrivato subito uno strano messaggio vocale da una collega giornalista russa, che ho incrociato una volta sola in vita mia ad un evento sportivo a Milano. Mi ha elencato una serie di luminari di sua conoscenza che le hanno parlato della pericolosità del vaccino e mi ha avvisato di quanto abbia rischiato la morte con questo gesto sconsiderato.

A quattro giorni di distanza – e senza alcun effetto collaterale, neanche la febbre come successo per la prima dose – ancora non ho realizzato che tra le mani ho finalmente il green pass e posso sentirmi un passo più vicino alla fine di quest’incubo.

Sono solo grata e immensamente felice di quest’opportunità, soprattutto in un momento in cui la vita sembra pallidamente pronta a tornare quella che era. Certo, in alcuni ambienti poco attenti, c’è stato un cluster di attori e ho incontrato anche un’artista italiana che – dice – per motivi personali e di salute è contraria al vaccino, eppure si è lasciata intervistare senza mascherina e con baciamano finale (non da me). E io lì, inebetita, senza strumenti sufficientemente validi per bloccare questa leggerezza.

Dopo un anno e mezzo di quasi totale isolamento e reclusione nel mio monolocale capitolino, trovarmi a condividere spazi e pensieri con altri mi risulta ancora leggermente strano. Mi sono ritrovata – e non lo dico certo con orgoglio – ad avere una tolleranza minore per le idiosincrasie altrui, per gli interrogatori immotivati e per il quarto grado subito per giustificare movimenti e frequentazioni in tempo di festival.

Forse è abbastanza normale che la persona che ero a marzo 2020 non ci sia più e che abbia lasciato il posto ad una versione più fragile, nevrotica ma anche consapevole.

In questo periodo ho tagliato i rami secchi, ho selezionato le frequentazioni, ho scelto le battaglie e mi sono concentrata a preservare le poche energie mentali e fisiche rimanenti.

Non so se mi resta ancora qualcosa da pagare per saldare il conto che questa pandemia mi offre e non ho certo le conoscenze scientifiche per analizzare la validità di questa risposta (il vaccino) all’emergenza sanitaria del Covid-19 ma ho fiducia nella ricerca e nel progresso e mi prendo il rischio calcolato di abbracciare questo primo tentativo di soluzione.

Anche se sono stanca di dare spiegazioni – quasi dovessi scusarmi per essere over 40 e aver scelto l’open day Astrazeneca – credo sia un mio dovere come essere umano, cittadina e giornalista continuare a parlarne, a spiegare, a cercare di capire insieme. Non ho lezioni da impartire a nessuno, ma non mi resta che confidare nel buonsenso altrui, che resta fuori dal mio controllo.

La mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro: lo ha detto Kant, lo ha ripetuto Martin Luther King e ora mi permetto di ricordarlo anch’io. Nel mio piccolo, piccolo, piccolo passo verso il futuro.

Qui tutte le “puntate” dei miei diari precedenti:

E qui le precedenti “puntate” della mia vita in lockdown: